Una goccia che con tante altre creano il mare — SDG6
Intervista con Andreco, Climate Art Project www.andreco.org — www.climateartproject.com
Di Yo Nishimura, Global Shapers Rome Hub
Oggi parliamo con Andreco, e salpiamo verso un dialogo tra arte e scienza. Il focus di questa intervista del progetto Heroes Never Sleep sarà l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 6 (SDG 6) “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”
Come ti presenteresti in poche parole per chi non ti conosce?
Spero sempre che le mie opere parlino per me ma se dovessi descrivermi a parole mi definirei un artista visivo. Realizzo opere influenzate da temi ambientali contemporanei ma anche dalle ricerche scientifiche, antropologiche e sociali. Sono un artista visivo con un passato come ricercatore e ingegnere ambientale sull’uso sostenibile delle risorse naturali.
In te quindi coesistono Arte e Scienza, cosa significano per te?
Per me, Arte e Scienza sono due ricerche che per tanti anni nel mio passato sono andate in parallelo, ma poi si sono completamente sovrapposte. Hanno due metodologie diverse che dentro di me hanno creato dei vasi comunicanti che confluiscono, creando opere transdisciplinari.
Quando ti è venuto in mente di dedicarti a tempo pieno al tuo progetto artistico e perché era così indispensabile per te concentrare tutta la tua energia su questo?
Per anni ho portato avanti i due lavori in parallelo. Come ingegnere mi piaceva ciò che facevo, ciò che realizzavo, mi dava soddisfazione e in un certo senso anche riconoscimento. Ciononostante mi ritrovavo a passare le nottate insonni a dipingere, anche se la mattina dovevo andare in ufficio. Li ho capito che questo era un’urgenza. Nemmeno una mia volontà, bensì una necessità di cui non potevo fare a meno nella vita. Doveva diventare inevitabilmente il mio Lavoro.
E devo dire che alla fine dovevo pur dormire in qualche modo.
Nei tuoi temi c’è l’influenza della scienza, dei temi ambientali, tra questi il tema dell’acqua è molto ricorrente nelle tue opere, da dove viene questa intimitá?
Sono molto legato a questo tema perché anche come ingegnere ero molto interessato al tema delle risorse idriche. Mi occupavo di progetti di cooperazione internazionale sull’approvvigionamento dell’acqua sia in ambito urbano che rurale. Sia come ingegnere che come artista, trovo importantissimo questo tema. In un certo modo, l’acqua è la cosa piú importante di tutte, la prima fonte di vita, una necessità che ci accomuna tutti. L’acqua è un diritto inalienabile per chiunque, al di lá della nazionalità, dello stato sociale, della disponibilità economica. È un tema fondamentale su cui ho realizzato molte opere e ricerca.
Qual è il tuo messaggio principale su questo tema?
L’acqua è un diritto per tutti. E ancora ci sono tantissime persone nel mondo che non hanno accesso all’acqua in qualità e quantità adeguate che ti permettono una vita dignitosa. Questo non è accettabile.
Cosa contraddistingue il linguaggio dell’arte visiva rispetto ad altri metodi di divulgazione sull’importanza della sostenibilitá ambientale?
Il linguaggio dell’arte contemporanea è diverso da quello scientifico, politico o quello della comunicazione mediatica. É un linguaggio meno diretto, meno esplicito e in un certo senso più ambiguo. Ma allo stesso tempo, va a toccare le corde più profonde del sentire umano, andando a stimolare le sensazioni e le percezioni di chi osserva. È quindi importante dire che l’arte contemporanea non fa comunicazione, né fa propaganda, ma crea ulteriori domande. Per me l’opera d’arte è “aperta”, si completa in chi la osserva, che la interpreta secondo il suo vissuto e i sui retaggi culturali. Per questo, il linguaggio artistico è diverso dagli altri linguaggi. Il filosofo Gilles Deleuze vede un’affinità fondamentale tra l’opera d’arte e l’atto di resistenza.
L’artista inoltre ha il compito di portare “altrove” le cose, per farle vedere da un altro punto di vista. Il ruolo del bravo artista é di poter parlare del futuro o comunque di mostrare possibili scenari futuri.
Invece cosa contraddistingue te come artista all’interno di questo linguaggio?
Delle differenze possono nascere dalla mia doppia formazione scientifica-artistica. Il mio lavoro ha come prima necessità quella di partire da studi scientifici molto solidi. Ho un grande rigore sui contenuti da cui parto. Da queste basi poi faccio un salto per creare una visione, che è l’opera d’arte. Il trampolino che permette il salto dalla scienza a questa visione è la pratica artistica.
È molto interessante ciò che hai detto sulle tue opere, cioè che si rivolgono a spettatori diversi, per poi completarsi con la loro conoscenza e coscienza. Quindi le tue opere si rivolgono a tutti giusto?
Si esatto. Credo che l’arte non debba essere destinata solo agli esperti del settore, ma a tutti. Questo non vuol dire semplificare o cercare facili populismi, ma destinare a tutti i contenuti complessi di una ricerca artistica. L’arte pubblica, l’arte nello spazio pubblico, ha questa grossa potenzialità e responsabilità di rivolgersi a tutti, anche a chi non entrerebbe mai in un museo, e lo fa in maniera gratuita, per strada. In questo modo l’arte può raggiungere persone diverse, di tutti i ceti e condizioni sociali, età e vissuto. Questo mi ha sempre interessato molto, “l’arte per molti e non per pochi”.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Ci puoi raccontare un progetto a cui stai lavorando in particolare?
Dal 2015 ho iniziato questo progetto multidisciplinare tra arte, scienza e ambiente che si chiama Climate Art Project. Un progetto itinerante che, attraverso l’arte contemporanea e l’arte pubblica, parla delle cause e conseguenze dei cambiamenti climatici e delle possibili metodologie di mitigazione e adattamento. Il progetto ha diverse fasi, una più di denuncia sulla situazione e la necessità di agire, una più costruttiva, che ragiona su soluzioni e buone pratiche, e un’altra fase che crea momenti di dibattito e confronto a tutti i livelli. Lavoro in diverse città con istituzioni, comunità scientifica, associazioni e altri partner locali e internazionali. In ogni opera c’è sempre una componente artistica, scientifica, ambientale e coinvolgimento della società civile.
Climate Art Project è nato a Parigi in concomitanza dell’accordo sul Clima, poi è stato a Venezia a parlare dell’innalzamento dei mari, in India a parlare di inquinamento atmosferico e dei fiumi, in Puglia a parlare di desertificazione, in Portogallo a parlare di incendi e ondate di calore e adesso a Roma, la mia città. Insieme ad un team multidisciplinare e sempre in evoluzione, sto portando avanti un progetto a lungo termine sui fiumi, le zone umide e parchi. L’obiettivo è quello di valorizzare attraverso l’arte il capitale naturale e il sistema urbano di Roma. Una delle ultime attività che ho diretto è stata la Parata Tiberina degli Inizi per il capodanno di Roma Capitale. Una performance collettiva, un omaggio al fiume Tevere, al suo servizio urbano, sociale, ed ecosistemico. La parata è anche una richiesta aperta per la tutela e la rigenerazione del fiume. Credo che la cura del fiume e degli spazi verdi e il mantenimento di una buona qualità ambientale sia fondamentale per il benessere della città e dei cittadini.
Parlando di fiumi e acqua, come sai l’SDG 6 “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” fa parte dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Partendo dalla tua esperienza, come possiamo diffondere consapevolezza attorno a questo tema? Cos’è che manca e cos’è che possiamo fare?
Nelle città in occidente è difficile avere esperienza di cosa vuol dire la mancanza dell’acqua. Quando ciò avviene, si capisce immediatamente la sua importanza. Questo l’ho visto lavorando su progetti di ingegneria ambientale in Brasile e nel Sahara.
La sensibilizzazione della società civile è importante ma purtroppo il problema è anche politico. Serve un rinnovo del pensiero economico e ecologico. Abbiamo bisogno di un modello economico che metta a bilancio non solo il Prodotto Interno Lordo ma anche il capitale naturale e l’importanza dei servizi ecosistemici. Le risorse primarie, come l’acqua, devono essere accessibili equamente a tutti. L’economia attuale si basa su una crescita illimitata basato sull’utilizzo di risorse limitate. Chiaramente il ragionamento non regge, il modello neoliberista ha fallito, dobbiamo passare da un’economia lineare ad una più circolare. Abbiamo bisogno di nuove basi etiche nell’economia che considerino anche l’ambiente, la sanità e le condizioni sociali.